La prima Pasqua: la purificazione del tempio
Dopo un breve soggiorno a Cafarnao, Gesù lascia la Galilea e sale a Gerusalemme per la Pasqua. È esatto dire così, perché Cafarnao è a duecento metri sotto il livello del mare, e Gerusalemme è al di sopra di settecento metri. Gesù raggiunge la città santa, dominata dal tempio costruito da Erode il Grande. Era il terzo tempio; il primo, costruito da Salomone, fu distrutto da Nabuco- donosor, quando espugnò Gerusalemme nel 586 avanti Cristo; il secondo ricostruito dai reduci dell’esilio babilonese e inaugurato nel 515 avanti Cristo, durò fino a Erode, che lo demolì per costruire il terzo.
Erode cominciò i lavori del tempio nel 19 avanti Cristo, e per dimostrare al popolo la sua seria intenzione, accumulò una quantità enorme di materiali, impegnando diecimila operai che lavoravano nelle parti esterne e fece imparare l'arte muraria a mille sacerdoti che lavoravano nelle parti interne del tempio, inaccessibili ai laici secondo la legge ebraica. I lavori per le parti interne, costituenti il vero santuario, durarono un anno e mezzo; quelli per le parti esterne, durarono otto anni. Dopo nove anni dall'inizio dei lavori, Erode celebrò la dedicazione del tempio. I lavori di rifinitura si prolungarono ancora per molti anni e ter- minarono poco prima che il tempio fosse distrutto dai romani. Nel tempio di Erode il santuario interno era corrispondente a quello del tempio di Salomone ma con una elevazione maggiore.
Le costruzioni esterne che circondavano il santuario furono molto ampliate. L'antico tempio sorgeva sulla collina orientale della città e il piano superiore della collina fu dilatato quasi del doppio e sullo spazio ottenuto sorsero tre portici o atrii uno più elevato dell’altro. Il primo e più periferico era accessibile a tutti e perciò era chiamato atrio dei gentili, potendo essere frequentato anche dai pagani. Procedendo verso l'interno, ad un certo punto questo atrio era sbarrato da una balaustra di pietra che segnava il limite accessibile ai pagani, iscrizioni in greco e in latino ricor- davano la proibizione di passare oltre sotto pena di morte. Oltre- passata la balaustra e saliti più in là alcuni gradini, si entrava nell’atrio interno, protetto da grossi muri e diviso in due parti: la parte più esterna era detta atrio delle donne, perché fino lì potevano entrare le israelite, e la più interna era detta atrio degli israeliti, accessibile solo agli uomini.
Salendo ancora veniva l'atrio dei sacerdoti, ove stava l'altare degli olocausti a cielo scoperto. Infine dopo altri gradini, si giungeva al vero santuario: esso aveva davanti un vestibolo che era diviso in due parti. Quella anteriore era chiamata il santo e conteneva l'altare d'oro per i profumi, la mensa per i pani della proposizione e il candelabro d'oro a sette bracci. La parte posteriore era il santo dei santi, perché considerata dimora del Dio d'Israele e quindi il luogo santissimo di tutta la terra. Nel tempio di Salomone vi stava l'Arca dell’Alleanza, ma distrutta questa, il santo dei santi del nuovo tempio rimase una stanza oscura e vuota. Nel santo dei santi entrava soltanto il sommo sa- cerdote un solo giorno all’anno, nella ricorrenza del Kippur o Espiazione.
L'atrio dei gentili era fiancheggiato, a oriente e a mezzogiorno, da due famosi portici: l'orientale che guardava dall’alto sopra il torrente Cedron, chiamato portico di Salomone; il meridionale, chiamato portico regio era formato da 162 grandi colonne, sor- montate da capitelli corinzi e disposte in quadruplice fila in modo da costituire una triplice navata.
L'atrio dei gentili era il luogo di convegno per chi abitava o si trovava di passaggio a Gerusalemme. I pagani vi andavano per trattare i loro affari, come nelle loro città sarebbero andati al foro. Specialmente in occasione delle grandi feste ebraiche l'atrio dei gentili diventava un pubblico mercato. I venditori istallatisi sotto i portici o nel piazzale scoperto, offrivano ai pellegrini giunti dalla Palestina e dall’estero buoi, pecore, e ogni altra cosa necessaria per i sacrifici, mentre i cambiavalute tenevano esposti su banchetti i vari tipi di monete palestinesi, pronti a cambiarie con monete straniere ai pellegrini venuti dall’estero.
All’angolo nord-ovest del tempio, e congiunta con esso, si alzava la fortezza Antonia, anch' essa costruita da Erode sul posto di una torre precedente. La potenza di questa costruzione fu di- mostrata nella guerra contro Roma, quando Tito trovò in essa un ostacolo alla conquista del tempio e della città. Per questo motivo pratico, come anche per la sua vicinanza al tempio, l'Antonia serviva spesso al procuratore romano per il disbrigo degli affari di governo, specialmente se richiedevano un diretto contatto con il popolo.
Gesù giunto nella capitale e recatosi al tempio, si trovò davanti ad un mercato. L'atrio esterno del tempio era diventato una stalla e risonava del muggito dei buoi, del belato delle pecore e delle grida dei mercanti e dei cambiavalute. Da quell’atrio si poteva solo udire una eco dei canti liturgici e intravedere un chiarore dei lumi sacri. Altri segui religiosi non apparivano in quel vasto recinto.
Gesù aveva visto questo mercato nei suoi precedenti pelle- grinaggi a Gerusalemme; allora la sua vita pubblica non era ancora iniziata. Ora la sua missione doveva svolgersi in pieno. "Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato" (Giovanni 2,15-16).
"Allora i giudei presero la parola e gli dissero: Quale segno ci mostri per fare queste cose? Rispose loro Gesù: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. Gli dissero allora i giudei: Questo tempio è stato costruito in quaranta sei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere? Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù" (Giovanni 2, 18-22).
I giudei chiesero un segno, un miracolo a Gesù per dimostrare la sua autorità, al di sopra di quella dei capi religiosi ebraici, i quali tolleravano quel mercato che a loro portava molto denaro. Essendo stata chiamata in causa la missione di Gesù, egli ne offre una prova vera, ma che sarà compresa più tardi, mentre ora non appaga gli interroganti.
Il santuario a cui alludono le parole di Gesù è il suo stesso corpo; quando i giudei avranno disfatto quel santuario vivente, egli lo farà risorgere di nuovo entro tre giorni. Gesù parla ai semplici, agli umili e questi comprendono le sue parole, ma i superbi, gli au- tosufficienti rimangono nelle tenebre della loro cecità spirituale. Si avvera la parola dei profeti: hanno occhi e non vedono.